Ma i testimoni di Geova

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pavel43
00sabato 29 agosto 2009 14:45


Guarda, con questa affermazione gratuitamente polemica dimostri ben poco. La parola "altre" è sottintesa ne testo greco (se è sott0intesa c'era già 19 secoli fa) e non ne cambia di una virgola il senso del testo. Pertanto ti inviterei a maggior correttezza.


Dove sta la polemica o la scorrettezza?
Perchè le altre Bibbie in questo segmento non si pongono lo stesso problema?
Perché devo ritenere assolutamente necessario che la parola [altre] venga inserita nel testo onde evitare confusione su questo argomento.
Certamente il lettore a questo punto dovrà andare alla nota e avrà una spiegazione.
Eppure per quanto mi riguarda posso leggere e intendere il passo privo di inserimento



Non vedo come "altre" sottinteso cambi questo significato, anzi lo sottolinea.



Addirittura!
Naturalmente gli interrogativi di fondo rimangono

Il moderatore ha la possibilità di emendare gli interventi dalle scorrettezze.
barnabino
00sabato 29 agosto 2009 15:12
Caro Pavel,


Dove sta la polemica o la scorrettezza?



Sta nel fatto che un banale problema di traduzione non ha nulla a che fare con il discorso che stavo facendo, cioè il passaggio di certi concetti dal terreno giudeo-cristiano a quello ellenico-cristiano.


Perchè le altre Bibbie in questo segmento non si pongono lo stesso problema?



Se leggi il libro di BeDuhn è spiegato magistralmente. E non è un testimone di Geova.


Perché devo ritenere assolutamente necessario che la parola [altre] venga inserita nel testo onde evitare confusione su questo argomento



Infatti non è necessaria, non a caso la TNM la aggiunge tra parentesi, ma è sicuramente sottintesa e dunque se non cambia il senso corretto del testo è buona abitudine esplicitarlo.


Certamente il lettore a questo punto dovrà andare alla nota e avrà una spiegazione



Di quale nota vai parlando? La parola "altre" è messa tra parentesi nel testo.


Eppure per quanto mi riguarda posso leggere e intendere il passo privo di inserimento



Se "altre" è sottinteso la sua esplicitazione rende ancora più evidente il senso del testo.


Naturalmente gli interrogativi di fondo rimangono



Non vedo alcun interrogativo, francamente, né capisco come questa tua digressione c'entri qualcosa con quello che ho detto fino ad ora sulla comprensione del testo nel I secolo e nel IV secolo.

Shalom


barnabino
00sabato 29 agosto 2009 15:42
Caro Mario,


Il problema è che sei tu a voler vedere solo un modo di interpretazione, io ne vedo diversi e con me qualsiasi autore di un testo scientifico che tratta il problema



Gurada che non ci siamo capiti: io parlo non di "interpretazioni" teologiche, ma parlo di filologia e di storia.

Ti ripeto il problema: tu dici che il termine "padre" sarebbe usato dai farisei per indicare una figliolanza di tipo trinitario, cioè per accusare Gesù di farsi ontologicamente Dio. Ora, io critico questa spiegazione non sulla base della teologia ma della filologia:

1. Nel NT e nel I secolo in generale non mi risulta che l'uso del termine "padre" per indicare Dio implicasse questo tipo di significato, per cui ti pregherei di mostare dei testi in cui quella poteva essere un possibile significato di "padre" usato a proposito di Dio. Questo è un approccio filologico.

2. In altri passi di Giovanni i farisei stessi si arrogano la paternità divina, infatti dicono "Dio e nostro padre" (e non tuo, rivolti a Gesù). Cosa vuol dire? Che chiamando Dio loro "padre" si considerassero di natura divina?

3. Seppure i Gesù avessero inteso "padre" in senso naturale, cosa significava nel I secolo? La "generazione eterna" o che cosa? Perché se non è quella ci troviamo davanti ad una dichiarazione che non ha comunque nulla di trinitario, ma semmai è paganeggiante.

Approccio filologico: se il testo non è esplicito in quali altri testi possiano dedurre il significato di "padre" riferito a Dio? In questi testi "figlio" è mai usato per indicare un essere che è come Dio Onnipotente? Cosa si intende per "figlio di Dio", un titolo o una figliolanza naturale? E nei due cosi cosa implica?

Il NT non è caduto dal cielo, è stato scritto in contesto linguistico e culturale ben preciso, ed è quello che dobbiamo indagare.


Quando è stato aperto questo tread ho spiegato che il solo ed unico scopo che avevo era (ed è), solo quello di mostrare ai lettori cosa insegna la trinità



Capisco, ma forse se era solo una esposizione bastava un dizionario teologico, senza nulla togliere a quello che scrivi.


dal momento che molti non lo fanno, e le loro risposte lo dimostrano, se questo post può servire allo scopo, ma che ben venga!



Perché, quanti cattolici pensi che conoscano cosa è la generazione eterna, o cosa è esattamente la doppia natura, che non possiamo semplificare a Gesù è dio e anche uomo? Il problema è che il dogma della trinità di per sé si è allontanato dalla semplicità evangelica, comprensibile a tutti, anche le vecchiatte della sala sprebbero dirt chi è Gesù e chi è Geova, viceversa il dogma trinitario presenta un Dio impersonale, una "sostanza" poco chiara.

Un TdG che prega il "padre nostro" sa esattamente chi prega, un trinitario lo sa? Chi prega? Geova, il Padre, Gesù, Dio? E chi è morto sul palo? Geova, Gesù, Dio?

Forse se c'è un pò di confusione non è tutta colpa di chi non si informa, non credi?

Shalom





csssstrinakria
00sabato 29 agosto 2009 16:07

Giovanni, da quello che scrive Mario, non avrebbe "capito" come stavano le cose.
Allora propongo di presentare alcune traduzioni di Giov.1:1 per catturare gli elementi essenziali veicolati da Giovanni attraverso il contesto e la costruzione del versetto medesimo.
Alla luce di queste potenziali traduzioni e costruzioni comprenderemo le idee associate al logos con l'idea che aveva Giovanni.
Giovanni fu influenzato da qualcuno? Giovanni capì che il logos era Gesù? Cos'era Gesù per Giovanni? Giovanni pensava al logos come il creatore? La costruzione grammaticale di Giov.1:1 indica che Gesù era Dio? Se Giovanni e i primi cristiani non capirono come stavano le cose, come possono i trinitare affermare che Giovanni sosteneva la trinità in questo versetto?

[SM=g27988]
barnabino
00sabato 29 agosto 2009 16:34
Caro cssss,


Se Giovanni e i primi cristiani non capirono come stavano le cose, come possono i trinitare affermare che Giovanni sosteneva la trinità in questo versetto?



La risposta classica è che Giovanni avrebbe solo "intuito" quello che poi la chiesa ha definito nei secoli successivi.

Il problema è in che cosa credessero esattamente Giovanni ed i suoi lettori prima delle precisazioni della Chiesa, poiché quelle precisazioni sono necessarie se non vogliamo fraintendere completamente il passo di Giovanni, ed è proprio per evitare questi fraintendementi, emersi tra II-III secolo con le varie controversie criistologiche, assenti nel I secolo, che ci sono voluti quattro secoli e più per elaborare il dogma della trinità.

La domanda è: nel I-II secolo i cristiani di origine giudaica (ancora ignari della "generazione eterna", della "doppia natura", del concetto di "sostanza" applicato a Dio, del significato filosofico di "logos" e di tutto l'armamentario teologico e filosofico messo in campo per spiegare in che modo Gesù e ii Padre erano un solo Dio) in che cosa credevano? A me pare è chiaro che non ha senso interrogare Giovanni e far rispondere Clemente: siamo su due piani assolutamente differenti, due epoche differenti, due culture differenti, due paesi differente e in parte anche due lingue differenti, perché per gli autori del NT è forte l'influenza dell'ebraico e non possiamo ignorarla.

Se interroghiami Giovanni dobbiamo chiedere: cosa significava nella sua cultura e ambiente parlare di "un dio", del "logos", di "figlio di Dio", di "padre"? Nel II-III secolo tali concetti venero letti dentro un'altra cultura non ci dicono nulla, o poco, di quello che voleva comunicare Giovanni e che comprendevano i suoi lettori.

Shalom



(Mario70)
00sabato 29 agosto 2009 21:49
Re:
csssstrinakria, 29/08/2009 16.07:


Giovanni, da quello che scrive Mario, non avrebbe "capito" come stavano le cose.
Allora propongo di presentare alcune traduzioni di Giov.1:1 per catturare gli elementi essenziali veicolati da Giovanni attraverso il contesto e la costruzione del versetto medesimo.
Alla luce di queste potenziali traduzioni e costruzioni comprenderemo le idee associate al logos con l'idea che aveva Giovanni.
Giovanni fu influenzato da qualcuno? Giovanni capì che il logos era Gesù? Cos'era Gesù per Giovanni? Giovanni pensava al logos come il creatore? La costruzione grammaticale di Giov.1:1 indica che Gesù era Dio? Se Giovanni e i primi cristiani non capirono come stavano le cose, come possono i trinitare affermare che Giovanni sosteneva la trinità in questo versetto?

[SM=g27988]




Non è esatto, io credo che egli avesse capito qualcosa ma non tutto.
Esporrò di seguito quel che secondo me aveva capito del suo Signore analizzando la scrittura in questione.

Chiedo però di continuare con il rispetto per le opinioni altrui, come è stato nel principio di questo tread, quindi senza giudizi personali di sorta.

Non farò un botta risposta che non porterà a nulla, io esporrò i fatti dal punto di vista trinitario voi i vostri.
Mi servirò di quel che ho gia scritto e commenterò cosa ne deduco, ma prima bisogna fare un breve excursus storico che piace tanto a Barnabino.

Iniziamo dicendo che il vangelo che porta il suo nome fu scritto alla fine del I secolo, ne sono prova i ritrovamenti archeologici che risalgono a pochi decenni dopo, diciamo che in linea generale i critici non credono che a scrivere il vangelo fosse Giovanni, ma noi facciamo finta di essere tutti d'accordo che fu lui a scriverlo.
Giovanni visse in ambiente ellenistico e ne è prova tutta la tradizione che lo vede come il vescovo di efeso.
Si suppone che egli si sia recato in questa città molto presto, se come si pensa egli si trasferì dopo il concilio di gerusalemme, egli potè conoscere la cultura ellenistica per più di 50 anni.
Il fatto che usò il termine logos ci deve portare a capire cosa questo termine significasse nell'ambiente in cui egli visse, perchè è in quell'ambiente che egli scrisse le sue lettere, ed erano di cultura greca coloro ai quali quelle lettere furono composte, cosi facciamo contento Barnabino [SM=g27988] .
Come sappiamo gli stoici erano coloro che usavano questo termine, Essi credevano che l'universo fosse retto da una ragione (Λόγος) universale. Essa può essere intesa come un movimento incausato, eterno, inarrestabile, che attribuisce alle cose la forma di essere, dal più semplice ed infimo fino al più grande e complesso, vivente e non vivente. Dalla sua azione scaturiscono due principi in cui il mondo risulta suddiviso: uno attivo, chiamato in vari modi (appunto logos, o Zeus, soffio, natura), ed uno passivo, che è la materialità delle cose. Gli stoici individuano un ordine necessario al suo interno, il logos è il principio che regge e organizza il mondo.
Cosa poteva dedurre un ebreo che fosse vissuto in un contesto culturale del genere?
L'esempio migliore fu proprio quello di Filone d'Alessandria ebreo studioso dello stoicismo vissuto poco prima del periodo che stiamno prendendo in esame (30 AC 50 DC), egli vede nel logos la potenza divina che procede dal primo principio (Dio) e che contiene i pensieri divini, al Logos Filone attribuisce attributi personali di giustizia e misericordia. Probabilmente sia il Logos di Filone sia quello di Giovanni si riferiscono indipendentemente uno dall'altro alla personificazione della Sapienza degli ultimi scritti sapienzali
di sapienza e proverbi.
Egli prese da Platone la trascendenza divina e la svalutazione della materia, da Plotino il Logos come ipostasi divina distinta dall'Uno.
Per filone il logos si pone: in Dio (in quanto identico a Dio come volevano gli stoici) in se (come ipostasi es. la sapienza divina) nel mondo (immanente nel cosmo)
A questo proposito si veda lo studio di Roberto Radice in Platonismo e creazionismo in Filone di Alessandria:

books.google.com/books?id=ZRJcEHw-8RkC&pg=PA204&lpg=PA204&dq=filone+logo...

Anche Eusebio di Cesarea fu un grande estimatore di Filone visto il modo in cui riesce ad addossare a quest'ultimo la prima predicazione evangelica:

"24. Ed è chiaro a tutti che Filone ha inteso descrivere i primi araldi dell'insegnamento evangelico e le usanze trasmesse fin dall'inizio dagli apostoli."Cfr. [Storia ecclesiastica] 2:17.24

vedi: http://www.ccel.org/ccel/schaff/npnf201.iii.vii.xviii.html



continua...


dom@
00sabato 29 agosto 2009 22:50
Re:
csssstrinakria, 8/29/2009 4:07 PM:


Giovanni, da quello che scrive Mario, non avrebbe "capito" come stavano le cose.
Allora propongo di presentare alcune traduzioni di Giov.1:1 per catturare gli elementi essenziali veicolati da Giovanni attraverso il contesto e la costruzione del versetto medesimo.
Alla luce di queste potenziali traduzioni e costruzioni comprenderemo le idee associate al logos con l'idea che aveva Giovanni.
Giovanni fu influenzato da qualcuno? Giovanni capì che il logos era Gesù? Cos'era Gesù per Giovanni? Giovanni pensava al logos come il creatore? La costruzione grammaticale di Giov.1:1 indica che Gesù era Dio? Se Giovanni e i primi cristiani non capirono come stavano le cose, come possono i trinitare affermare che Giovanni sosteneva la trinità in questo versetto?

[SM=g27988]



JOHN 1;1 in 26 traduzzioni

www.amazon.com/New-Testament-26-Translations/dp/B000O1UR6M

buona come [SM=g7369]


barnabino
00sabato 29 agosto 2009 23:15
Caro Mario,


Non è esatto, io credo che egli avesse capito qualcosa ma non tutto



Allora vediamo di stabilire cos'è questo qualcosa e se è compatibile con il testo e con la filologia. Non è che il "qualcosa" puoi deciderlo in base alle convenienze, devi deciderlo in base alla filologia.


Iniziamo dicendo che il vangelo che porta il suo nome fu scritto alla fine del I secolo



Bene, allora analizziamo il significato di quei termini alla fine del I secolo, non ho problema.


Giovanni visse in ambiente ellenistico e ne è prova tutta la tradizione che lo vede come il vescovo di efeso



E questo cosa significa? L'orizzonte culturale di Giovanni resta quello dell'antico testamento, come ho detto non è una questione di singoli termini, ma di accettare tutta la cosmologia in cui sono inseriti, altrimenti perdono significato.

Se Giovanni, come tu sostieni, avesse voluto scrivere a dei greci non si capisce perché non abbia usato termini specifici come "natura", "sostanza", "persona". Perché usa concetti semitici incomprensibili ai greci? E poi non si tratta solo di usare dei termini, si tratta di condividere tutta una cosmologia, i termini in sé non significano nulla!


Il fatto che usò il termine logos ci deve portare a capire cosa questo termine significasse nell'ambiente in cui egli visse, perchè è in quell'ambiente che egli scrisse le sue lettere



E' questo il fatto: se per ipotizziamo che per Giovanni "logos" ha un senso ellenistico il suo passo perde senso, e richiede quattro secoli di dibattito teologico per armonizzarlo al contesto dell'antico testamento, o ti risulta che il Dio di Giovanni sia (come pensavano Marcione) un altro Dio?


il logos è il principio che regge e organizza il mondo



Se Giovanni avesse inteso questo come minimo avrebbe dovuto dare qualche spiegazione, non credi? Non è proprio scontato che una persona in cane e ossa venga identificata con un "principio" stoico o in generale accetti la concezione stoica dell'universo... anche perché francamente questo concetto non ha nulla di "trinitario", non mi pare che la trinità definisca Gesù in senso stoico, Giovanni avrebbe potuto benissimo usare termini più chiari che non questo!


L'esempio migliore fu proprio quello di Filone d'Alessandria



Il logos di Giovanni identificato con quello di Filone? E cosa avrebbe di "trinitario" il logos di Filone?


Probabilmente sia il Logos di Filone sia quello di Giovanni si riferiscono indipendentemente uno dall'altro alla personificazione della Sapienza degli ultimi scritti sapienzali



Se è così non abbiamo ragione di ritenere che vi sia una identificazione ontologica con Dio Onnipotente, quando mai la Sapienza o il Logos sono identificati ontologicante con Dio Onnipotente?


Egli prese da Platone la trascendenza divina e la svalutazione della materia, da Plotino il Logos come ipostasi divina distinta dall'Uno



Filone "prende" da Plotino? Ma se Plotino è vissuto nel III secolo!


"24. Ed è chiaro a tutti che Filone ha inteso descrivere i primi araldi dell'insegnamento evangelico e le usanze trasmesse fin dall'inizio dagli apostoli."Cfr. [Storia ecclesiastica] 2:17.24



Dunque a tuo parere Giovanni conosceva ed usava le tesi Filoniane, e prese ds Plotino la concezione dell'Uno, ancora prima che Plotino nascesse... ma se è così non è certo "trinitario".

Shalom



Amministrazione Forum.
00sabato 29 agosto 2009 23:18
Re: Re:
(Mario70), 29/08/2009 21.49


Per filone il logos si pone: in Dio (in quanto identico a Dio come volevano gli stoici) in se (come ipostasi es. la sapienza divina) nel mondo (immanente nel cosmo)
A questo proposito si veda lo studio di Roberto Radice in Platonismo e creazionismo in Filone di Alessandria:

books.google.com/books?id=ZRJcEHw-8RkC&pg=PA204&lpg=PA204&dq=filone+logo...




Filone usò il termine logos in relazione alla letteratura biblica (AT,LXX), ma la sua comprensione del termine era pesantemente influenzata dalla filosofia extrabiblica.
Il suo punto di vista viene presentato in diversi modi dagli studiosi; alcuni credono che il logos di Filone fosse una proprietà esclusiva di Dio (la sua mente e la sua essenza), divenuta poi il luogo (all'interno di Dio) in cui le qualità proprie di Dio furono attratte insieme alle Sue idee, per diventare infine esterne a Dio.
Altri studiosi credono che Filone presenti il logos come agente o intermediario di Dio. In effetti, Filone identifica il logos con la gloria di Dio che apparve sul monte Sinai.
Quindi l'insegnamento di Filone sul logos, nel suo insieme lo concepiva come manifestazione di Dio, piuttosto che un effettivo "secondo dio". La visione di Filone del logos è di un essere distinto da Dio, il suo "primogenito", un "arcangelo", uno "che intercede tra Dio e la creazione".
C'è una confusione che è molto lontana dalla tanta decantata "armonizzazione".
Il linguaggio di Filone, a detta degli studiosi è notoriamente difficile. (Andrew Chester).

Stefania
barnabino
00sabato 29 agosto 2009 23:30
Per la cronaca:


Per filone il logos si pone: in Dio (in quanto identico a Dio come volevano gli stoici) in se (come ipostasi es. la sapienza divina) nel mondo (immanente nel cosmo)



Se è così non abbiamo alcun bisogno della trinità, Se Gesù è il Logos filoniano la trinità è supeflua, e d'altronde Filone poteva chiamare il Logos "dio" senza intaccare assolutamente il suo monoteismo, esattamente come i TdG.

Anzi, diciamo che quella concezione è certamente più vicia ai TdG che alla trinità, Barbaglio scrive:

"Certamente, l’ambiente in cui è situato Giovanni è greco, la gente parlava il greco. Ma - per riferirci a quel contesto: siamo verso il 100/120 dopo Cristo - vorrei rilevare che già Filone di Alessandria, autorevole esponente della comunità ebraica della grande città egiziana, e morto verso la metà del primo secolo, aveva un concetto non del tutto puro ed assoluto dell’unico Dio. Egli, infatti, poneva quasi una scala degradante da Dio verso l’intera creazione, mettendo nel mezzo tutta una serie di esseri intermedi: il Logos, la Sophìa (Sapienza)... Giovanni si colloca dentro a quest’ambiente in cui si ritiene che vi sia un intermediario tra Dio e l’umanità; un intermediario divino. Rilevo, in proposito, che nel prologo il Logos è detto Theòs senza l’articolo ho, e perciò lo tradurrei come essere divino; non era visto come il Dio, cioè ho Theòs.

Insomma, il monoteismo ebraico pur affermato da Filone e da altri, contemplava, accanto all’unico Dio, degli esseri divini. Ecco perchè quando Gesù si proclamava Figlio del Padre non faceva così scandalo. Come non faceva scandalo parlare di un Logos, essere intermediario portatore della Rivelazione"

Capito, Mario? Esseri divini accanto all'unico Dio... altro che trinità!

Shalom [SM=g27988]
(Mario70)
00sabato 29 agosto 2009 23:48
Re:
barnabino, 29/08/2009 23.30:

Per la cronaca:


Per filone il logos si pone: in Dio (in quanto identico a Dio come volevano gli stoici) in se (come ipostasi es. la sapienza divina) nel mondo (immanente nel cosmo)



Se è così non abbiamo alcun bisogno della trinità, Se Gesù è il Logos filoniano la trinità è supeflua, e d'altronde Filone poteva chiamare il Logos "dio" senza intaccare assolutamente il suo monoteismo, esattamente come i TdG.

Anzi, diciamo che quella concezione è certamente più vicia ai TdG che alla trinità, Barbaglio scrive:

"Certamente, l’ambiente in cui è situato Giovanni è greco, la gente parlava il greco. Ma - per riferirci a quel contesto: siamo verso il 100/120 dopo Cristo - vorrei rilevare che già Filone di Alessandria, autorevole esponente della comunità ebraica della grande città egiziana, e morto verso la metà del primo secolo, aveva un concetto non del tutto puro ed assoluto dell’unico Dio. Egli, infatti, poneva quasi una scala degradante da Dio verso l’intera creazione, mettendo nel mezzo tutta una serie di esseri intermedi: il Logos, la Sophìa (Sapienza)... Giovanni si colloca dentro a quest’ambiente in cui si ritiene che vi sia un intermediario tra Dio e l’umanità; un intermediario divino. Rilevo, in proposito, che nel prologo il Logos è detto Theòs senza l’articolo ho, e perciò lo tradurrei come essere divino; non era visto come il Dio, cioè ho Theòs.

Insomma, il monoteismo ebraico pur affermato da Filone e da altri, contemplava, accanto all’unico Dio, degli esseri divini. Ecco perchè quando Gesù si proclamava Figlio del Padre non faceva così scandalo. Come non faceva scandalo parlare di un Logos, essere intermediario portatore della Rivelazione"

Capito, Mario? Esseri divini accanto all'unico Dio... altro che trinità!

Shalom [SM=g27988]




Barbaglio?
[SM=g7364]
No comment!!!

Volevo precisare che non stavo dicendo che Giovanni usò la parola logos con le stesse identiche caratteristiche che esso aveva in Filone, stavo semplicemente illustrando cosa era il logos nell'ambiente in cui visse Giovanni (mi sembrava sott'inteso...).
Su plotino hai ragione, volevo dire che filone usò il termine ipostasi che poi riprese e sviluppò plotino.

A domani
(Mario70)
00domenica 30 agosto 2009 09:58
continuiamo:
Quello che contesto di quanto avete scritto è che:

1)Ne per gli stoici ne per Filone il logos è un qualcosa che è altro rispetto a Dio.

2) non è assolutamente una creatura, ma è proprio l'artefice della creazione.

3) non ha un principio, caso mai è il principio della creazione.

Non possiamo dimenticare questi tre punti quando esaminiamo cosa era il logos in quel particolare periodo storico.

Veniamo a Giovsanni:

In Giovanni 1:1 si specifica chiaramente che "nel principio il logos era" dal greco "hen"(metto l'h per distinguerlo da en (in)) derivante da eimi = essere, esistere, il logos non ebbe un principio, ma esisteva nel principio, Il verbo “era” (hen) essendo un imperfetto con valore di predicato, ha qui il senso forte e pieno di esistere, indica l’eternità dell’esistenza.
Con questo verbo Giovsnni vuole affermare che non vi fu mai un tempo in cui il logos "non era", egli dichiara di una realtà anteriore al principio di genesi 1:1, prima della creazione esisteva una parola divina che doveva creare e organizzare l’intera creazione.
L’imperfetto "era" ricorre tre volte nel versetto, ma assume tre significati diversi:

la prima volta significa esistere e indica l’esistenza eterna,

la seconda volta esprime una modalità dell’esistenza (era presso Dio)cioè abitare o dimorare presso Dio;

la terza volta, designa l’essenza stessa del logos definito nella sua divinità (il logos era Dio).

Egli era dunque presso (pros=verso) il padre (Dio - ho theos) ed era Dio come il padre (kai theos hen ho logos), nessuna confusione, nessun politeismo o monolatria ("un dio" ecc...) Quando in greco due nomi sono congiunti dal verbo "essere" e quando ambedue hanno l'articolo determinativo, si intende che l'uno sia identificato pienamente con l'altro; ma quando uno di loro è senza l'articolo (come nel caso in questione), diventa più un aggettivo che un nome, e descrive piuttosto la natura o la sfera di appartenenza dell'altro, perciò possiamo dire che il lógos appartiene alla stessa sfera di Dio, ha la sua natura, pur senza essere identificato con Il Dio (il padre appunto).
D'altra parte va osservato anche che il Verbo non è detto «divino» (theios), ma «Dio» (theos); viene quindi attribuita a lui la deità.
A questa confessione iniziale della deità di Cristo corrisponde la solenne professione di fede di Tommaso alla fine del vangelo: • Signore mio e Dio mio ! » (20,28).

Giovanni prende in prestito questa parola dall'ellenismo creando una teologia specificamente nuova, il logos quale principio che governa il creato e come legge razionale per ogni esistenza, è il figlio di Dio che si fa uomo, che viene ad abitare tra noi, egli è l'Emmanuele, il Dio-con-noi, il Dio trascendente diviene egli stesso anche creatura, per provare personalmente cosa significa essere creatura e poterci comprendere tangibilmente, questa conclusione scaturisce dal verso 14:
Giovanni 1:14 " E il Verbo si fece carne e dimorò fra noi e abbiamo visto la sua gloria, gloria come di Unigenito dal Padre"

Non si dice "fu fatto carne" come se il padre solo avesse questa prerogativa, ma disse "si fece carne" quindi fu il figlio eterno ad assumere anche tale natura, rimanendo intatta e immutabile la sua natura divina celeste, cercherò di essere più chiaro: dicendo che si fece carne doveva rimanere intatto quel che era, altrimenti non avrebbe potuto farsi carne, non so se riuscite a comprendere dove voglio arrivare.
Se egli come pensano alcuni, smise di essere quello che era, non poteva certo assumere l'umanità, in quanto non esisteva ed avrebbe avuto bisogno di qualcuno che lo facesse divenire uomo.
Ritorna qui il soggetto espresso al v. 1, il Verbo. Le affermazioni dei vv. 1 e 14 sono parallele e contrapposte: - carne: definisce l'uomo nella sua condizione di debolezza e di destino mortale; ciò che non avrebbe detto, in termini biblici, la parola « uomo «.
È quindi intenzionalmente evidenziato il contrasto tra il Logos (nella sua condizione divina) e la carne (nella sua condizione umana). - si fece: traduzione migliore rispetto a « divenne », perché non avvenne una trasformazione, ma, rimanendo il Logos che era, cominciò a vivere nella sua nuova condizione debole e temporale.
"e dimorò fra noi": il verbo greco eschenosen che arieggia il verbo ebraico skn (= abitare), può significare sia «dimorare» che « porre la propria tenda », allusione alla dimora di Dio in mezzo al suo popolo, collegata con l'arca santa e la gloria. La gloria in particolare è anche qui subito riferita all'abitazione del Verbo. Va ricordato che anche della sapienza viene detto che prende dimora in mezzo agli uomini (Sir '4,8) e come sappiamo per Filone il logos era proprio questa gloria di Dio.

Giovanni continua al verso 18 dicendo:

Giovanni 1:18 "Dio nessuno l'ha visto mai. L'Unigenito Dio, che è nel seno del Padre, egli lo ha rivelato"

L'unico Dio generato, il solo ad avere la stessa natura del padre, mentre era sulla terra come uomo, esisteva in cielo come Dio, accanto a Dio padre, infatti si usa il presente: "che è nel seno del padre" non si usa ne il passato "che era" ne il futuro "che sarà".
In greco questo verbo suona cosi (Ho on) e richiama l'essente, colui che è, parola molto importante in ambito semitico che conosciamo molto bene e che incontreremo di nuovo tra poco.
Dio si è rivelato (nota l'aoristo storico) nella persona del Verbo Incarnato ovvero l'unigenito Dio "che lo ha rivelato".

"1 Giovanni 3:5; " 5 Voi sapete che egli si è manifestato per togliere i peccati, e in lui non vi è peccato."

giovanni 3:13 " Nessuno è salito al cielo se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell'uomo, che è in cielo."

Anche queste scritture dicono chiaramente che fu il figlio a scendere dal cielo, a manifestarsi, dice inoltre (secondo la maggioranza dei manoscritti autorevoli) che benché fosse "sceso dal cielo" continuava comunque ad essere "nel cielo".

Anche l'autore di Romani ci viene in aiuto sul concetto della duplice natura:

(paoline) Romani 9:5 "da loro proviene Cristo secondo la sua natura umana, egli che domina tutto, è Dio, benedetto nei secoli, amen! "

Ecco quanto è chiaro: uomo e Dio insieme, la stragrande maggioranza delle traduzioni ha interpretato il passo in questa maniera e i padri della chiesa lo confermano, traducono così infatti:

Ippolito, Tertulliano, Cipriano, Atanasio, Noviano, Ieromo, Basilio, Agostino, Novaziano, Didimo, Gregorio di Nissa, Giovanni Damasceno, Epifanio di Salamina, Teodoro, Eulogo, Teofilo, Teodoreto, Cassiano, Fulgenzio.

E' interessante notare inoltre come suonava anche questa scrittura all'uditorio greco: "... ho on epì panton Theos euloghetos" che tradotto alla lettera vuol dire "l'essente [colui che è] sopra tutto Dio benedetto"
Avete letto bene, nelle traduzioni italiane si perde il senso e la forma, ma chi conosce la LXX sa benissimo che l'"Ho on" è il nome di Dio ovvero "colui che è" e quì è usato nei riguardi del figlio, specificando che è appunto il "Dio benedetto".
La TNM e poche altre (anche autorevoli) hanno messo il punto prima di "Dio benedetto" facendo perdere il senso proprio del versetto e facendo apparire "Dio benedetto nei secoli" un inno al padre; ma in questo modo si spezza il contesto, si sta parlando di Cristo e fermare il versetto per inneggiare improvvisamente il padre non è logico, il rasoio di Occam ci fa propendere per la soluzione più semplice che è la prima, quella adottata anche dai padri della chiesa sopramenzionati i quali conoscevano il greco meglio di qualunque traduttore moderno.
Ma esiste una prova ancora più schiacciante che quelle parole venissero attribuite al figlio e non al padre, ed è l'opinione degli ariani stessi, Agostino in "de trinitate" (scritto appunto contro la loro eresia) al libro II versi 13:23 leggiamo:

"...Ora se non solamente il Padre è Dio, come lo riconoscono anche tutti gli eretici, se è Dio anche il Figlio, come essi debbono ammettere, sia pur contro voglia, in forza delle parole dell’Apostolo: Egli è al di sopra di tutte le cose, Dio benedetto nei secoli".

Insomma se ci fosse stata la possibilità che quel passo potesse essere interrotto applicando il titolo "Dio benedetto" al solo padre, credete che gli ariani non ne avessero approfittato?

Per quanto riguarda la duplice natura del figlio rimane solo filippesi 2 che prenderò in esame più in la.

Io ho esposto il pensiero trinitario, ora potete anche controargomentare, ma lo sottolineo: con rispetto, come ho cercato di fare io.
ciao



barnabino
00domenica 30 agosto 2009 13:00
Caro Mario,


stavo semplicemente illustrando cosa era il logos nell'ambiente in cui visse Giovanni (mi sembrava sott'inteso...)



Che nell'ambiente in cui visse Giovanni si conoscesse così bene Filone o che lo conoscesse Giovanni è tutto da dimostrare. Non è che basta usare la parola "logos" per dedurre che Giovanni ed i suoi lettori avessero confidenza con i testi di Filone, che visse ad Alessandria prima del 66 e non in Asia Minore dopo il 70.


Su plotino hai ragione, volevo dire che filone usò il termine ipostasi che poi riprese e sviluppò plotino



Dunque abbiamo bisogni di plotino per capire il senso dell'affermazione di Giovanni?

Shalom

barnabino
00domenica 30 agosto 2009 13:45
Caro Mario,


Ne per gli stoici ne per Filone il logos è un qualcosa che è altro rispetto a Dio



1. Devi ancora dimostrare che l'autore di Giovanni abbracciasse la filosofia stoica o quella filoniana. L'uso della parola logos non mi pare che ci autorizzi a trarre automaticamente quelle conclusioni

2. il concetto stoico di Dio non era certo quello giudaico e non mi pare che in nessun caso il logos evochi un'ugualianza ontologica come nel caso della trinità


non è assolutamente una creatura, ma è proprio l'artefice della creazione



Dipende, nella cncezione dello stoicismo è ovvio che non sia una "creatura" dato che non è neppure un essere ma un concetto. Ma è ovvio che Giovanni non ha in mente quel concetto di logos.

In Filone il discorso è più complesso, perché per lui il Logos è creato da Dio, il cosmo intelligibile, il modello dell'universo, per "formare" il cosmo, che è detto il "secondogenito" di Dio. Insomma, una concezione piuttosto complessa, che spesso si ispira al platonismo (Timeo) ed ad altre concezioni di cui non abbiamo tracce in Giovanni.

Ora, se Giovanni avesse accettato il concetto "filoniano" di Logos non bastano alcune somiglianza, di cui tu selezioni quelle che ti fanno comodo, ma per renderlo comprensibile ed utilizzabile dobbiamo ammettere che Giovanni conoscesse e condivisesse quello stesso orizzonte cosmologico platonico, senza il quale il concetto di Logos di Filone perde qualunque significato.


Il verbo “era” (hen) essendo un imperfetto con valore di predicato, ha qui il senso forte e pieno di esistere, indica l’eternità dell’esistenza



Il verbo essere all'imperfetto di per sé non denota certo "eternità nell'esistenza", indica solo che al "principio" (la creazione dell'universo fisico) il Logos era o esisteva presso Dio. Null'altro.

Ho come l'impressione che voi trinitari vediate "eternità" un pò in troppi verbi: qui l'imperfetto indica eternità, in Giovanni 8,58 il presente eimi indica eternità... insomma, tutti i verbi indicano eternità!


egli dichiara di una realtà anteriore al principio di genesi 1:1, prima della creazione esisteva una parola divina che doveva creare e organizzare l’intera creazione



Non vedo come questo renda Gesù ontologicamente Geova o eterno.


ma quando uno di loro è senza l'articolo (come nel caso in questione), diventa più un aggettivo che un nome, e descrive piuttosto la natura o la sfera di appartenenza dell'altro



Appunto, non vedo alcuna identità ontologica. Giovanni sta solo dicendo che Gesù è della classe o categoria di theos, questo non rende in alcun modo Gesù uguale a Dio Onnipotente o Dio Onnipotente stesso.


il lógos appartiene alla stessa sfera di Dio, ha la sua natura, pur senza essere identificato con Il Dio



Il problema è che né Giovanni né alcun alatro scritto definiscono la "natura" di Dio, e comunque se Gesà non è identificato con "ho theos" (che è il solo vero Dio per Giovanni) diventa automanticamente un altro Dio, non un solo Dio in due persone... un greco che leggesse queste parola al massimo pensava a due dei, e non ad un Dio in due persone.

Sei tu che devi dimostrare che Giovanni concepiva Dio come una "natura" e non come una "persona". Francamente nessun passo dell'AT o del NT parla mai di Dio come di una "natura" di cui possono essere partecipi più persone, né tanto meno parla mai di una molteplicità personale intradivina. Se Giovanni voleva dire che Gesù era della stessa natura di Dio e che Dio era una natura di cui erano partecipi tre persone poteva dirlo senza problemi, se come tu dici era platonico, filoniano e stoico non avrebbe avuto problemi a specificare.


A questa confessione iniziale della deità di Cristo corrisponde la solenne professione di fede di Tommaso



Una confessione che, di nuovo, non ci dice nulla sulla trinità e sull'identità ontologica di Gesù con Dio onnipotente. Se per Tommaso Gesù è "Dio" allora quello che è possibile dedurre è che sia "politeista".

Sei tu che devi inventare la trinità per salvare il monoteismo di Tommaso, ma le parole non ti consentono di dire null'altro che se "ho theos" significa "Dio unico Onnipotente" allora Tommaso crede che Gesù sia Geova stesso, oppure crede che sia un altro Dio e dunque è politesta. Non ci vedo nulla di "trinitario"!

Senza la trinità, ma dobbiamo aspettare 3 secoli, Tommaso è un eretico: il problema è in cosa potesse credere Tommaso senza Nicea, Filone, Plotino e Atanasio!


Romani 9:5 "da loro proviene Cristo secondo la sua natura umana, egli che domina tutto, è Dio, benedetto nei secoli, amen! "



No, la pausa è sbagliata, questo è quello che confermano la maggior parte di biblisti moderni.


la stragrande maggioranza delle traduzioni ha interpretato il passo in questa maniera



Ignorando il parere scientifico...

Shalom











(Mario70)
00domenica 30 agosto 2009 14:15
Re:
barnabino, 30/08/2009 13.45:

Caro Mario,




Romani 9:5 "da loro proviene Cristo secondo la sua natura umana, egli che domina tutto, è Dio, benedetto nei secoli, amen! "



No, la pausa è sbagliata, questo è quello che confermano la maggior parte di biblisti moderni.


la stragrande maggioranza delle traduzioni ha interpretato il passo in questa maniera



Ignorando il parere scientifico...

Shalom






Ho promesso di non rispondere, ma se si dicono delle inesattezze come sopra non posso proprio astenermi:

Il Wescott e Hort mette una virgola e la kit si adegua di conseguenza, ma mette i due punti nella traduzione.

Il Nestle Aland mette una virgola,

Addirittura la Diaglott mette una virgola e lo potete vedere qui:

http://www.thedcl.org/bible/diaglott-nt/ed-romans.pdf

Tutti i testi del NT in greco che ho esaminato hanno la pausa breve, ma a quanto pare barnabino conoscerà critici più importanti di quelli elencati o di quelli che ho io, per dire che è addirittura la maggioranza a scegliere la pausa lunga:


Noah Webster Bible
9:5 Whose are the fathers, and from whom according to the flesh, Christ came, who is over all, God blessed for ever. Amen.


Weymouth New Testament
9:5 To them the Patriarchs belong, and from them in respect of His human lineage came the Christ, who is exalted above all, God blessed throughout the Ages. Amen.


Young's Literal Translation
9:5 whose are the fathers, and of whom is the Christ, according to the flesh, who is over all, God blessed to the ages. Amen.

IEP secondo la sua natura umana, egli che domina tutto, è Dio, benedetto nei secoli, amen!

Si veda anche la CEI la vecchia e la nuova,

Nardoni,

Phillips,

NRV Romans 9:5 ai quali appartengono i padri e dai quali proviene, secondo la carne, il Cristo, che è sopra tutte le cose Dio benedetto in eterno. Amen!

LND Romans 9:5 dei quali sono i padri e dai quali proviene secondo la carne il Cristo che è sopra tutte le cose Dio, benedetto in eterno. Amen.


KJV Romans 9:5 Whose are the fathers, and of whom as concerning the flesh Christ came, who is over all, God blessed for ever. Amen.

ASV Romans 9:5 whose are the fathers, and of whom is Christ as concerning the flesh, who is over all, God blessed for ever. Amen.

BBE Romans 9:5 Whose are the fathers, and of whom came Christ in the flesh, who is over all, God, to whom be blessing for ever. So be it.


CSB Romans 9:5 The forefathers are theirs, and from them, by physical descent, came the Messiah, who is God over all, blessed forever. Amen.

DBY Romans 9:5 whose are the fathers; and of whom, as according to flesh, is the Christ, who is over all, God blessed for ever. Amen.

DRA Romans 9:5 Whose are the fathers, and of whom is Christ, according to the flesh, who is over all things, God blessed for ever. Amen.

ERV Romans 9:5 whose are the fathers, and of whom is Christ as concerning the flesh, who is over all, God blessed for ever. Amen.

ESV Romans 9:5 To them belong the patriarchs, and from their race, according to the flesh, is the Christ who is God over all, blessed forever. Amen.

ETH Romans 9:5 and the fathers; and from whom appeared the Meshiha in the flesh, who is Aloha over all: his be praises and benedictions to the age of ages. Amen.

GNV Romans 9:5 Of whome are the fathers, and of whome concerning the flesh, Christ came, who is God ouer all, blessed for euer, Amen.

GWN Romans 9:5 The Messiah is descended from their ancestors according to his human nature. The Messiah is God over everything, forever blessed. Amen.

KJG Romans 9:5 Whose are the fathers, and of whom as concerning the flesh Christ came,, who is over all, God blessed for ever. Amen.

MGI Romans 9:5 and the fathers and from whom Christ was seen in the flesh. He who is God who is over all, to him [be] our praises and our blessings forever and ever. Amen.

MRD Romans 9:5 and from among whom, Messiah appeared in the flesh, who is God over all; to whom be praises and benediction, for ever and ever; Amen.

NAS Romans 9:5 whose are the fathers, and from whom is the Christ according to the flesh, who is over all, God blessed forever. Amen.

NAU Romans 9:5 whose are the fathers, and from whom is the Christ according to the flesh, who is over all, God blessed forever. Amen.

NET Romans 9:5 To them belong the patriarchs, and from them, by human descent, came the Christ, who is God over all, blessed forever! Amen.

NIB Romans 9:5 Theirs are the patriarchs, and from them is traced the human ancestry of Christ, who is God over all, for ever praised! Amen.

NIV Romans 9:5 Theirs are the patriarchs, and from them is traced the human ancestry of Christ, who is God over all, forever praised! Amen.

NJB Romans 9:5 To them belong the fathers and out of them, so far as physical descent is concerned, came Christ who is above all, God, blessed for ever. Amen.

NKJ Romans 9:5 of whom are the fathers and from whom, according to the flesh, Christ came, who is over all, the eternally blessed God. Amen.

NLT Romans 9:5 Abraham, Isaac, and Jacob are their ancestors, and Christ himself was an Israelite as far as his human nature is concerned. And he is God, the one who rules over everything and is worthy of eternal praise! Amen.

NRS Romans 9:5 to them belong the patriarchs, and from them, according to the flesh, comes the Messiah, who is over all, God blessed forever. Amen.

PNT Romans 9:5 Of whom are the fathers, of whom as concernyng the fleshe, Christe [came,] which is God, in all thynges to be praysed for euer. Amen.


RWB Romans 9:5 Whose are the fathers, and from whom according to the flesh Christ came, who is over all, God blessed for ever. Amen.

TNT Romans 9:5 whose also are the fathers and they of whome (as concernynge the flesshe) Christ came which is God over all thinges blessed for ever Amen.

WEB Romans 9:5 Whose {are} the fathers, and from whom according to the flesh, Christ {came}, who is over all, God blessed for ever. Amen.

YLT Romans 9:5 whose are the fathers, and of whom is the Christ, according to the flesh, who is over all, God blessed to the ages. Amen.
barnabino
00domenica 30 agosto 2009 23:40
Caro Mario,


Tutti i testi del NT in greco che ho esaminato hanno la pausa breve, ma a quanto pare barnabino conoscerà critici più importanti di quelli elencati o di quelli che ho io, per dire che è addirittura la maggioranza a scegliere la pausa lunga



Il tuo elenco può al massimo dimostrare quanto sia lunga la lista d traduzioni che risentono del pregiudizio teologico dei loro autori.

Rispetto a questo passo sai bene che il Textual Commentary on the Greek New Testament di Metzger (e dunque parliano di critica testuale e non di traduzioni) conferma la punteggiatura dalla TNM, e R.E. Brown, un trinitario convinto, nel suo Introduzione alla Cristologia del NT riassume in questi termoni il problema:

"Studiosi famosi sono allineati su entrambi i fronti della questione" e benché lui personalmente sia incline ad attribuire il titolo 'Dio' dato a Gesù dice che "non si può però che rivendicarne la plausibilità".

Come vedi il problema è molto più complesso di come tu lo presenti, e non è affatto certo che qui il titolo d 'Dio' sia attribuito a Gesù. Per questo che dico: le fonti usiamole appropriatamente, in un tema così "delicato" come questo, che certamente avrebbe suscitato più polemiche tra i giudei nel I secolo che oggi, è impensabile che Paolo si appoggiasse su una grammatica ambigua, dove per di più l'altro termine di questa ambiguità sarebbe Dio stesso.

Shalom

dispensa.
00lunedì 31 agosto 2009 00:11

continuiamo:
Quello che contesto di quanto avete scritto è che:

1)Ne per gli stoici ne per Filone il logos è un qualcosa che è altro rispetto a Dio.

2) non è assolutamente una creatura, ma è proprio l'artefice della creazione.

3) non ha un principio, caso mai è il principio della creazione.

Non possiamo dimenticare questi tre punti quando esaminiamo cosa era il logos in quel particolare periodo storico.

Veniamo a Giovsanni:

In Giovanni 1:1 si specifica chiaramente che "nel principio il logos era" dal greco "hen"(metto l'h per distinguerlo da en (in)) derivante da eimi = essere, esistere, il logos non ebbe un principio, ma esisteva nel principio, Il verbo “era” (hen) essendo un imperfetto con valore di predicato, ha qui il senso forte e pieno di esistere, indica l’eternità dell’esistenza.
Con questo verbo Giovsnni vuole affermare che non vi fu mai un tempo in cui il logos "non era", egli dichiara di una realtà anteriore al principio di genesi 1:1, prima della creazione esisteva una parola divina che doveva creare e organizzare l’intera creazione.
L’imperfetto "era" ricorre tre volte nel versetto, ma assume tre significati diversi:

la prima volta significa esistere e indica l’esistenza eterna,

la seconda volta esprime una modalità dell’esistenza (era presso Dio)cioè abitare o dimorare presso Dio;

la terza volta, designa l’essenza stessa del logos definito nella sua divinità (il logos era Dio).

Egli era dunque presso (pros=verso) il padre (Dio - ho theos) ed era Dio come il padre (kai theos hen ho logos), nessuna confusione, nessun politeismo o monolatria ("un dio" ecc...) Quando in greco due nomi sono congiunti dal verbo "essere" e quando ambedue hanno l'articolo determinativo, si intende che l'uno sia identificato pienamente con l'altro; ma quando uno di loro è senza l'articolo (come nel caso in questione), diventa più un aggettivo che un nome, e descrive piuttosto la natura o la sfera di appartenenza dell'altro, perciò possiamo dire che il lógos appartiene alla stessa sfera di Dio, ha la sua natura, pur senza essere identificato con Il Dio (il padre appunto).
D'altra parte va osservato anche che il Verbo non è detto «divino» (theios), ma «Dio» (theos); viene quindi attribuita a lui la deità.
A questa confessione iniziale della deità di Cristo corrisponde la solenne professione di fede di Tommaso alla fine del vangelo: • Signore mio e Dio mio ! » (20,28).

Giovanni prende in prestito questa parola dall'ellenismo creando una teologia specificamente nuova, il logos quale principio che governa il creato e come legge razionale per ogni esistenza, è il figlio di Dio che si fa uomo, che viene ad abitare tra noi, egli è l'Emmanuele, il Dio-con-noi, il Dio trascendente diviene egli stesso anche creatura, per provare personalmente cosa significa essere creatura e poterci comprendere tangibilmente, questa conclusione scaturisce dal verso 14:
Giovanni 1:14 " E il Verbo si fece carne e dimorò fra noi e abbiamo visto la sua gloria, gloria come di Unigenito dal Padre"

Non si dice "fu fatto carne" come se il padre solo avesse questa prerogativa, ma disse "si fece carne" quindi fu il figlio eterno ad assumere anche tale natura, rimanendo intatta e immutabile la sua natura divina celeste, cercherò di essere più chiaro: dicendo che si fece carne doveva rimanere intatto quel che era, altrimenti non avrebbe potuto farsi carne, non so se riuscite a comprendere dove voglio arrivare.
Se egli come pensano alcuni, smise di essere quello che era, non poteva certo assumere l'umanità, in quanto non esisteva ed avrebbe avuto bisogno di qualcuno che lo facesse divenire uomo.
Ritorna qui il soggetto espresso al v. 1, il Verbo. Le affermazioni dei vv. 1 e 14 sono parallele e contrapposte: - carne: definisce l'uomo nella sua condizione di debolezza e di destino mortale; ciò che non avrebbe detto, in termini biblici, la parola « uomo «.
È quindi intenzionalmente evidenziato il contrasto tra il Logos (nella sua condizione divina) e la carne (nella sua condizione umana). - si fece: traduzione migliore rispetto a « divenne », perché non avvenne una trasformazione, ma, rimanendo il Logos che era, cominciò a vivere nella sua nuova condizione debole e temporale.
"e dimorò fra noi": il verbo greco eschenosen che arieggia il verbo ebraico skn (= abitare), può significare sia «dimorare» che « porre la propria tenda », allusione alla dimora di Dio in mezzo al suo popolo, collegata con l'arca santa e la gloria. La gloria in particolare è anche qui subito riferita all'abitazione del Verbo. Va ricordato che anche della sapienza viene detto che prende dimora in mezzo agli uomini (Sir '4,8) e come sappiamo per Filone il logos era proprio questa gloria di Dio.

Giovanni continua al verso 18 dicendo:

Giovanni 1:18 "Dio nessuno l'ha visto mai. L'Unigenito Dio, che è nel seno del Padre, egli lo ha rivelato"

L'unico Dio generato, il solo ad avere la stessa natura del padre, mentre era sulla terra come uomo, esisteva in cielo come Dio, accanto a Dio padre, infatti si usa il presente: "che è nel seno del padre" non si usa ne il passato "che era" ne il futuro "che sarà".
In greco questo verbo suona cosi (Ho on) e richiama l'essente, colui che è, parola molto importante in ambito semitico che conosciamo molto bene e che incontreremo di nuovo tra poco.
Dio si è rivelato (nota l'aoristo storico) nella persona del Verbo Incarnato ovvero l'unigenito Dio "che lo ha rivelato".

"1 Giovanni 3:5; " 5 Voi sapete che egli si è manifestato per togliere i peccati, e in lui non vi è peccato."

giovanni 3:13 " Nessuno è salito al cielo se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell'uomo, che è in cielo."

Anche queste scritture dicono chiaramente che fu il figlio a scendere dal cielo, a manifestarsi, dice inoltre (secondo la maggioranza dei manoscritti autorevoli) che benché fosse "sceso dal cielo" continuava comunque ad essere "nel cielo".

Anche l'autore di Romani ci viene in aiuto sul concetto della duplice natura:

(paoline) Romani 9:5 "da loro proviene Cristo secondo la sua natura umana, egli che domina tutto, è Dio, benedetto nei secoli, amen! "

Ecco quanto è chiaro: uomo e Dio insieme, la stragrande maggioranza delle traduzioni ha interpretato il passo in questa maniera e i padri della chiesa lo confermano, traducono così infatti:

Ippolito, Tertulliano, Cipriano, Atanasio, Noviano, Ieromo, Basilio, Agostino, Novaziano, Didimo, Gregorio di Nissa, Giovanni Damasceno, Epifanio di Salamina, Teodoro, Eulogo, Teofilo, Teodoreto, Cassiano, Fulgenzio.

E' interessante notare inoltre come suonava anche questa scrittura all'uditorio greco: "... ho on epì panton Theos euloghetos" che tradotto alla lettera vuol dire "l'essente [colui che è] sopra tutto Dio benedetto"
Avete letto bene, nelle traduzioni italiane si perde il senso e la forma, ma chi conosce la LXX sa benissimo che l'"Ho on" è il nome di Dio ovvero "colui che è" e quì è usato nei riguardi del figlio, specificando che è appunto il "Dio benedetto".
La TNM e poche altre (anche autorevoli) hanno messo il punto prima di "Dio benedetto" facendo perdere il senso proprio del versetto e facendo apparire "Dio benedetto nei secoli" un inno al padre; ma in questo modo si spezza il contesto, si sta parlando di Cristo e fermare il versetto per inneggiare improvvisamente il padre non è logico, il rasoio di Occam ci fa propendere per la soluzione più semplice che è la prima, quella adottata anche dai padri della chiesa sopramenzionati i quali conoscevano il greco meglio di qualunque traduttore moderno.
Ma esiste una prova ancora più schiacciante che quelle parole venissero attribuite al figlio e non al padre, ed è l'opinione degli ariani stessi, Agostino in "de trinitate" (scritto appunto contro la loro eresia) al libro II versi 13:23 leggiamo:

"...Ora se non solamente il Padre è Dio, come lo riconoscono anche tutti gli eretici, se è Dio anche il Figlio, come essi debbono ammettere, sia pur contro voglia, in forza delle parole dell’Apostolo: Egli è al di sopra di tutte le cose, Dio benedetto nei secoli".

Insomma se ci fosse stata la possibilità che quel passo potesse essere interrotto applicando il titolo "Dio benedetto" al solo padre, credete che gli ariani non ne avessero approfittato?

Per quanto riguarda la duplice natura del figlio rimane solo filippesi 2 che prenderò in esame più in la.

Io ho esposto il pensiero trinitario, ora potete anche controargomentare, ma lo sottolineo: con rispetto, come ho cercato di fare io.
ciao




Son tutti dei giochi di prestigiatore grammaticale per violar la natura della realtà in una forma di deformazione psichica che trascende nel senso della mostrosuità.

Chiacchere sensa senso e che violano la morale e il senso dell'ordine universale.

Un dogma non si può ragionare perchè viola la natura stessa dell'uomo posta a immagine di Dio.
E se non si può ragionare per provarne e capire l'esistenza, non si può neanche presentare come dottrina in cui credere.

Ovvio dedurne che chi vi ripone fede con consapevoleza di informazione logica e morale, ha in se anche qualcosa di mostruoso...e nel caso in questione ne sussistono le premesse, per l'importanza che si da a qualcosa di così insignificante dal punto di vista della salvezza, ma tale da farne una questione di settarismo e divisione sulla futilità dal punto di vista di chi ignora che dietro a difendere l'idea e il simbolismo, sono gli stessi demoni, coi loro discorsi sull'anima e sulla trinità a cui ci tengono molto. (questo provato di persona,) poichè solo per essi è importante il concetto sapendo che identifica la loro personalità per gli occulti e subliminali messaggi pschici che rappresentano simili concetti.

e che quindi dispiacciono al Padre che per tale non si identifica , ne lo può in rapporto al suo essere moralmente e individulmente nella psiche, come dimostrata dal contesto biblico e di esperienza.


Quel mostruoso o mostrosuità tende induce sempre a cercare di possedere e usare l'altro in termini oggettivi per il suo scopo, anche professato a fin di bene.
ma il bene così conquistato anche se bene è o fosse, è sempre una forma occulta di potere, e di sodomizzare l'altro.

Caratteristiche che si sono mostrate evidente riguardo la personalità di chi intendo.


Cius tradotto

dispensa.
00lunedì 31 agosto 2009 00:20

Dove sta la polemica o la scorrettezza?
Perchè le altre Bibbie in questo segmento non si pongono lo stesso problema?
Perché devo ritenere assolutamente necessario che la parola [altre] venga inserita nel testo onde evitare confusione su questo argomento.
Certamente il lettore a questo punto dovrà andare alla nota e avrà una spiegazione.
Eppure per quanto mi riguarda posso leggere e intendere il passo privo di inserimento





Anche la bibbia di Gerusalemme mette l'aggiunta altre, anche se lo fa solo nel commento sotto, lo fa in un passo che ho trovato, adesso è tardi lo riporterò appena posso.
pavel43
00lunedì 31 agosto 2009 07:58

Anche la bibbia di Gerusalemme mette l'aggiunta altre, anche se lo fa solo nel commento sotto, lo fa in un passo che ho trovato, adesso è tardi lo riporterò appena posso.



non l'ho trovato
dispensa.
00lunedì 31 agosto 2009 10:02

non l'ho trovato




Bibbia dei testimoni TNM
Daniele 7:23..: Egli disse questo : 'In quanto alla quarta bestia, c'eè un quarto regno che sarà sulla terra, che sarà diverso da tutti gli [altri] regni.

Bibbia di gerusalemme : La quarta bestia significa che ci sarà sulla terra un quarto regno diverso da tutti gli altri.

In queso caso Altri non è nemmeno messo tra parentesi.

Fa lo stesso in Colossesi 1:22..nella bibbia dei testimoni è messo tra parentesi della [sua ] morte, mentre nella diversa costruzione grammaticale della BJ sua reso suo è messo direttamente nel testo.

Poi le parentesi per commentare la qualsiasi nella BJ si sprecano rispeto la qualsiasi.


La differenza comunque è questa.

Nel testo privo di commenti della TNM le aggiunte sono tra parentesi, nella BJ.. inserite per il medesimo scopo della comprensibilità a prescindere da chi non ne avrebbe bisogno, no.

In parole povere ciascun traduttore scegliendo la forma grammaticale che gli è più consone a se stesso, e il suo intendimento logico morale, spesso aggiunge e toglie congiunzioni o altro per armonizzarlo al significato posto alla singola parola.

Se una parola può significare due cose diverse, scegliendone uno, egli aggiunge anche le congiunzioni da usare per non presentare un discorso all'indiana frammentato spezzettato.

Ad es. in colossesi 2:18, la BJ non usa la parola "umiltà", ma "di poco conto "ora la particella D, POCO, CONTO....da dove è, sono uscite?
Mentre le altre bibbie riportano "umiltà", spiegandola nel senso di affettata.
Come dire "[finta] umiltà",

Ora se tutti gli altri sentono la necessità di far comprendere l'affettamento, non vedo perchè la NT non lo debba fare, con la correttezza di metterla fra parentesi , come fosse ed è una nota.

La BJ lo fa anche nel caso di aggiungere fra parentesi.

Si veda Atti 20:28 " lo spirito santo...la Chiesa di Dio ( Chiesa maiuscolo?) che egli ( minuscolo) si è acquistata con il suo sangue ..riconvertito sotto << con il sangue del proprio ( Figlio) >>

Nella TNM in maniera analoga vi è nel testo " egli acquistò col sangue del suo proprio ( Figlio)".

IN CONCLUSIONE LA PAROLA "ALTRE" SERVE AL TRADUTORE COME GLI PUO SERVIRE AGGIUNGERE "SUO" E PROPRIO" O FIGLIO.

MA NEL CASO SPECIFICO QUI TRATTATO come discussione iniziale, se NON dovessimo aggiungere la parola [altre] nel testo, quale significato ne deriverebbe?

Ebbene, se Gesù avesse creato TUTTE LE COSE CHE ERANO NEI CIELI, saremmo costretti ad affermare che Gesù avrebbe creato suo Padre, dato che suo Padre sta nei cieli!

E il contesto indica che il Padre mandò suo Figlio. E il Padre molto certamente è una "cosa". Webster definisce la parola "cosa" così: "riferito a entità, individuo, oggetto tangibile, persona". Sì, tutte le cose nei cieli includono il Padre, che concordemente ai trinitari E’ una persona.
Allora dovremmo immaginarci che Gesù creò il Padre?

Tuttavia la Bibbia insegna che il Padre è il Re d’eternità in 1 Tim.1:17. Chi è in tale posizione non può essere una cosa creata! Pertanto E’ ASSOLUTAMENTE NECESSARIO che la parola [altre] vengano inserite nel testo onde evitare confusione su questo argomento. Comunque, come andremo a vedere, questa non è l’unica ragione che rende appropriato l’inserimento della parola [altre].

Considerate Atti 5:29: "In risposta, Pietro e gli [altri] (anche KJV, TEV e NIV inseriscono la parola "altri") apostoli dissero: "Dobbiamo ubbidire a Dio come governante anziché agli uomini". Se NON aggiungessimo la parola [altri] nel testo, (come fanno la Versione del Re Giacomo ed altre), Pietro NON verrebbe considerato uno degli apostoli! Living Bible, Phillips, Gerusalemme e RSV traducono "… Pietro e gli apostoli…", la NEB "Pietro rispose per sé e gli apostoli". Queste versioni escludono Pietro dal gruppo degli apostoli, non vi pare?

Un altro passo dove vediamo la necessità d’inserire delle parole per salvare il significato originale del testo biblico lo troviamo in Giov. 1:11, dove leggiamo: "E’ venuto nella propria casa, ma i suoi non l’hanno ricevuto". LB "perfino nella sua propria terra e fra il suo popolo". TEV "Egli venne nel suo proprio paese, ma il suo popolo…" Phillips "…il suo proprio mondo …il suo proprio popolo" Gerusalemme "…proprio dominio …proprio popolo…" RSV "…propria casa …proprio popolo" NEB "…proprio reame…"

In questo versetto, le parole casa [o secondo altre traduzioni terra, paese, mondo, dominio, reame] e popolo non si trovano nel testo greco. [KJV "Egli venne fra i suoi, ed essi non lo accolsero" (Similmente in NIV)]

L’inserimento delle altre parole è motivato dal caso e dalla struttura della frase in cui si trova "proprio" nel testo greco. (ho idios) Tuttavia, la traduzione richiede l’inserimento delle parole "casa etc." e "popolo" nel testo per trasmettere al lettore la piena fragranza del concetto espresso in greco.

E vi sono altri casi analoghi

Quindi, l’evidenza delle cose dimostrate ci induce a concludere ragionevolmente che l’inserimento della parole [altre] in Col. 1:16, 17 è assolutamente necessario per trasmettere il corretto intendimento del testo concernente il ruolo di Gesù nel proposito del Padre suo di riconciliare a sé tutte le [altre] cose!

Proprio come fanno per altro gli altri traduttori negli altri contesti, ma che in questo caso lo hanno omesso a torto in un punto che invece è come appurato essenziale,

Il che è una scorrettezza rispetto al solito procedere, per assecondare la credenza in voga, che poi per la tradizione e la credenza di chi si è convertito per comodo, o per forza.
pavel43
00lunedì 31 agosto 2009 11:02

Ebbene, se Gesù avesse creato TUTTE LE COSE CHE ERANO NEI CIELI, saremmo costretti ad affermare che Gesù avrebbe creato suo Padre, dato che suo Padre sta nei cieli!



Mah, non so come spiegarlo, quindi mi ripeto: per me l'intendimento è semplice da una parte sta chi crea dall'altra le cose create, le cose create non creano, il quadro si compone da sè senza aggiunte, è la presenza dell'aggiunta che mi pone il problema della sua giustificazione.
(Mario70)
00lunedì 31 agosto 2009 14:47
Re:
barnabino, 30/08/2009 23.40:

Caro Mario,


Tutti i testi del NT in greco che ho esaminato hanno la pausa breve, ma a quanto pare barnabino conoscerà critici più importanti di quelli elencati o di quelli che ho io, per dire che è addirittura la maggioranza a scegliere la pausa lunga



Il tuo elenco può al massimo dimostrare quanto sia lunga la lista d traduzioni che risentono del pregiudizio teologico dei loro autori.

Rispetto a questo passo sai bene che il Textual Commentary on the Greek New Testament di Metzger (e dunque parliano di critica testuale e non di traduzioni) conferma la punteggiatura dalla TNM, e R.E. Brown, un trinitario convinto, nel suo Introduzione alla Cristologia del NT riassume in questi termoni il problema:

"Studiosi famosi sono allineati su entrambi i fronti della questione" e benché lui personalmente sia incline ad attribuire il titolo 'Dio' dato a Gesù dice che "non si può però che rivendicarne la plausibilità".

Come vedi il problema è molto più complesso di come tu lo presenti, e non è affatto certo che qui il titolo d 'Dio' sia attribuito a Gesù. Per questo che dico: le fonti usiamole appropriatamente, in un tema così "delicato" come questo, che certamente avrebbe suscitato più polemiche tra i giudei nel I secolo che oggi, è impensabile che Paolo si appoggiasse su una grammatica ambigua, dove per di più l'altro termine di questa ambiguità sarebbe Dio stesso.

Shalom





Vedo che ora va meglio, spero che non te ne uscirai più con frasi infelici come quella dell'altro post, io stesso avevo ammesso che "alcune traduzioni (anche autorevoli) mettono la pausa lunga", ma sono una esigua minoranza, per il resto non commento, non mi ineressa il tuo punto di vista, come ti ho gia spiegato il mio intento è altro.
ciao
barnabino
00lunedì 31 agosto 2009 15:21
Caro Mario,


Vedo che ora va meglio, spero che non te ne uscirai più con frasi infelici come quella dell'altro post, io stesso avevo ammesso che "alcune traduzioni (anche autorevoli) mettono la pausa lunga", ma sono una esigua minoranza



Che sia un'esigua minoranza a tradurre così non significa nulla, perché è da un punto di vista critico che la posizione della pausa è assolutamente controversa, anzi, il comitato di valutazione del testo critico della UBS, uno dei più moderni, sceglie la pausa dove la mette la TNM.

Se la critica è divisa dovremmo aspettarci, dunque, uno schieramento piuttosto diviso anche tra traduzioni, mentre invece la maggior parte di traduttori (guarda caso appartenti a chiese trinitarie) sceglie di attribuire la dossologia a Gesù... mi pare evidente che dobbiamo concludere che tale scelta non è stata critica e grammaticale, ma prevalentemente teologica. Se poi ci nutriamo solo delle informazioni (mozzate) che forniscono personaggi come Polidori allora è chiaro che non c'è serietà.


per il resto non commento, non mi ineressa il tuo punto di vista



Non ti ho riportato il mio punto di vista, ma quello della critica testuale: se quel passo è chiaramente disputato e i biblisti sono equamente divisi sul suo significato, mi chiedo come puoi usare quel passo per sostenere una teologia che avrebbe bisogno, a fortiori al tempo in cui scriveva Paolo, non di affermazioni ambigue o contraddittorie, ma ben chiare e prive di ambiguità, teologica e grammaticale.

Qui siamo in una situazione francamente paradossale: c'è un passo in cui Paolo vorrebbe chiamare "theos" Gesù, forse il più antco che conosciamo, e cosa fa Paolo? Lo usa in un contesto tale da creare dubbi?

O Paolo era un folle, o non conosceva la lingua, o forse quello che voleva comunicarci era il senso più ovvio (per i suoi lettori) del passo.

Shalom
(Mario70)
00lunedì 31 agosto 2009 15:40
Re:
barnabino, 31/08/2009 15.21:

Caro Mario,


Vedo che ora va meglio, spero che non te ne uscirai più con frasi infelici come quella dell'altro post, io stesso avevo ammesso che "alcune traduzioni (anche autorevoli) mettono la pausa lunga", ma sono una esigua minoranza



Che sia un'esigua minoranza a tradurre così non significa nulla, perché è da un punto di vista critico che la posizione della pausa è assolutamente controversa, anzi, il comitato di valutazione del testo critico della UBS, uno dei più moderni, sceglie la pausa dove la mette la TNM.

Se la critica è divisa dovremmo aspettarci, dunque, uno schieramento piuttosto diviso anche tra traduzioni, mentre invece la maggior parte di traduttori (guarda caso appartenti a chiese trinitarie) sceglie di attribuire la dossologia a Gesù... mi pare evidente che dobbiamo concludere che tale scelta non è stata critica e grammaticale, ma prevalentemente teologica. Se poi ci nutriamo solo delle informazioni (mozzate) che forniscono personaggi come Polidori allora è chiaro che non c'è serietà.


per il resto non commento, non mi ineressa il tuo punto di vista



Non ti ho riportato il mio punto di vista, ma quello della critica testuale: se quel passo è chiaramente disputato e i biblisti sono equamente divisi sul suo significato, mi chiedo come puoi usare quel passo per sostenere una teologia che avrebbe bisogno, a fortiori al tempo in cui scriveva Paolo, non di affermazioni ambigue o contraddittorie, ma ben chiare e prive di ambiguità, teologica e grammaticale.

Qui siamo in una situazione francamente paradossale: c'è un passo in cui Paolo vorrebbe chiamare "theos" Gesù, forse il più antco che conosciamo, e cosa fa Paolo? Lo usa in un contesto tale da creare dubbi?

O Paolo era un folle, o non conosceva la lingua, o forse quello che voleva comunicarci era il senso più ovvio (per i suoi lettori) del passo.

Shalom



Sei troppo forte... dalla "maggioranza" sei passato ad un "equamente divisi" ma ti rendi conto di come stai giocando con le parole?
Nessun testo critico di mia conoscenza mette la pausa lunga, o non la inseriscono proprio, o mettono la pausa breve, le motivazioni grammaticali per le quali scelgono di attribuire la pausa breve sono diverse e l'appoggio dei padri apostolici (di madrelingua rispetto al testo greco) è schiacciante, il resto lo vedo solo come un volersi arrampicare sugli specchi, ma se a te fa piacere pensare questo non sarò certo io a dissuaderti.
saluti
barnabino
00lunedì 31 agosto 2009 16:50
Caro Mario,


Sei troppo forte... dalla "maggioranza" sei passato ad un "equamente divisi" ma ti rendi conto di come stai giocando con le parole?



E tu ti rendi conto di quanto esageri sostenendo che in questo passo il titolo Dio sia certamente attribuito a Cristo? Se non vogliamo giocare con le parole ti invito ad evitare la pessima abitudine di generalizzare le conclusioni senza una ragione.


Nessun testo critico di mia conoscenza mette la pausa lunga, o non la inseriscono proprio, o mettono la pausa breve



Il Textual Commentary on Greek New Testament di Metzger su cui si basa il testo della USB mette in punto dopo sarka, e così faceva NA25. La posizione della punteggiatura è molto controversa. Ci sono studiosi moderni come Dunn, Kuss e altri assolutamente scettici rispetto alla possibilità che la dossologia si riferisca a Cristo.


le motivazioni grammaticali per le quali scelgono di attribuire la pausa breve sono diverse e l'appoggio dei padri apostolici (di madrelingua rispetto al testo greco) è schiacciante



Se la frase è ambigua, cioè permette entrambe le letture, l'appoggio dei padri non vedo come possa essere "schiacciante" visto che si tratta di una tradizione successiva di secoli a Paolo. Se così fosse dovremmo attrbuire altrettanta importanza alle prove paleografiche, dato che quattro mss onciali (A B C L) e 26 mss minuscoli hanno un punto dopo sarka.


il resto lo vedo solo come un volersi arrampicare sugli specchi, ma se a te fa piacere pensare questo non sarò certo io a dissuaderti



Cioè metà dei biblisti che hanno analizzato questo testo e non vi leggono una dossologia rivolta a Cristo si "arrampicherebbero sugli specchi"? Mi pare davvero inusitata come conclusione, ed anche, francamente, priva di significato. Cosa ti fa pensare che si sbaglino? Cioè cosa contesti di preciso in quello che dicono.

E poi, che interesse avrebbero questi autori, o che interesse avrei io, a difendere una posizione a tuo dire inaccettabile? Se accettiamo che Gesù sia detto theos in Giovanni 20,28 o in Giovanni 1,1 non capisco cosa mi impedirebbe di accettarlo qui. Il problema è che, come ti ho scritto, non si capisci perché se Paolo stava toccando un tema così sensibile (specialmente per i lettori di cultura giudaica) avrebbe utilizzato una forma così ambigua.

Shalom


(Mario70)
00lunedì 31 agosto 2009 17:31
Re:



E tu ti rendi conto di quanto esageri sostenendo che in questo passo il titolo Dio sia certamente attribuito a Cristo? Se non vogliamo giocare con le parole ti invito ad evitare la pessima abitudine di generalizzare le conclusioni senza una ragione.



Io ho evidenziato quello che la maggioranza dei biblisti e dei testi critici fa a proposito di romani 9:5, tu hai detto prima il contrario (che la maggioranza è pro pausa lunga) poi sei arrivato ad una uguaglianza di pareri... quando sai benissimo come stanno le cose realmente e il bello è che usi queste frasi con me, come se io ignorassi la realtà.



Il Textual Commentary on Greek New Testament di Metzger su cui si basa il testo della USB mette in punto dopo sarka, e così faceva NA25. La posizione della punteggiatura è molto controversa. Ci sono studiosi moderni come Dunn, Kuss e altri assolutamente scettici rispetto alla possibilità che la dossologia si riferisca a Cristo.



Ancora giochi con le parole, il punto di cui parli è una pausa breve e non lunga, sei pregato di chiarire quando usi la parola "punto" perchè altrimenti i lettori che non sanno le regole grammaticali greche, pensano a un punto come quello che si usa in italiano quando una frase finisce e ne inizia un'altra.

Sebbene Metzger spieghi che entrambe le traduzioni siano possibili egli propende per la pausa breve e ne spiega le motivazioni grammaticali: Rm 9,5a ha l’espressione "ho Christos to kata sarka" (il Cristo secondo la carne) come fa notare Metzger, nell’esempio di Rm 1,3-4 e altrove è normale aspettarsi un contrasto quando arriviamo alla frase kata sarka («secondo la carne»). Così in Rm 1,3-4 il contrasto è kata sarka («secondo la carne») e kata pneuma («secondo lo spirito»). Kata sarka in Rm 9,5a è innaturale se chi parla non continua il discorso, dicendo che Cristo è secondo a qualcosa, oltre che «secondo la carne».




Se la frase è ambigua, cioè permette entrambe le letture, l'appoggio dei padri non vedo come possa essere "schiacciante" visto che si tratta di una tradizione successiva di secoli a Paolo. Se così fosse dovremmo attrbuire altrettanta importanza alle prove paleografiche, dato che quattro mss onciali (A B C L) e 26 mss minuscoli hanno un punto dopo sarka.



Arifacce co sto punto, è un punto medio e la pausa è breve.




Cioè metà dei biblisti che hanno analizzato questo testo e non vi leggono una dossologia rivolta a Cristo si "arrampicherebbero sugli specchi"? Mi pare davvero inusitata come conclusione, ed anche, francamente, priva di significato. Cosa ti fa pensare che si sbaglino? Cioè cosa contesti di preciso in quello che dicono.



Trovameli questa "metà dei biblisti", non usare iperboli per sostenere la tua tesi perchè non è proprio il caso.



E poi, che interesse avrebbero questi autori, o che interesse avrei io, a difendere una posizione a tuo dire inaccettabile? Se accettiamo che Gesù sia detto theos in Giovanni 20,28 o in Giovanni 1,1 non capisco cosa mi impedirebbe di accettarlo qui. Il problema è che, come ti ho scritto, non si capisci perché se Paolo stava toccando un tema così sensibile (specialmente per i lettori di cultura giudaica) avrebbe utilizzato una forma così ambigua.



E allora non vedo neanche io il problema, per Paolo Cristo ha sia la natura umana "per discendenza dai padri", che quella divina "in quanto Dio benedetto sopra tutto".

ciao


barnabino
00lunedì 31 agosto 2009 18:27
Caro Mario,


tu hai detto prima il contrario (che la maggioranza è pro pausa lunga) poi sei arrivato ad una uguaglianza di pareri... quando sai benissimo come stanno le cose realmente e il bello è che usi queste frasi con me, come se io ignorassi la realtà



Io ti ho solo riportato solo le conclusioni di Brown, che è un noto trinitario, il quale dice che: "Studiosi famosi sono allineati su entrambi i fronti della questione" e che la dossologia sia rivolta a Cristo è soltanto "plausubile".

Che a te piaccia o meno è così che stanno le cose, su questo passo gli studiosi sono divisi e non vi è alcun consensus accademico rispetto alla posizione ed il tipo di punteggiatura.


Ancora giochi con le parole, il punto di cui parli è una pausa breve e non lunga



Solo la virgola dopo sarka consente di riferire a Cristo le parole seguenti, tanto il punto fermo che i due punti rendono invece il periodo seguente una frase indipendente. Ai fini della comprensione cambia poco.


Sebbene Metzger spieghi che entrambe le traduzioni siano possibili egli propende per la pausa breve e ne spiega le motivazioni grammaticali



Ne possiamo discutere se vuoi, perché non significa che siano motivazioni assolutamente valide, difatti nel Textual Commentary, dopo aver preso in considerazioni le diverse possibilità grammaticali, Metzger concluda: "D'altra parte l'opinione della maggioranza del Comitato è che nessuna di queste considerazioni sembra essere decisiva".


Trovameli questa "metà dei biblisti"



Meyer, Denney, Lietzmann, Barth, Dodd, Kirk, Taylor, Kuss, Kasemann, Dunn, Zeller, Sthulmacher, Schmithals, Wilckens, Abbot, Burkitt, Bultmann, Funk, Barclay, Schweizer, Kummel, Schneider (DENT), Goppelt, ecc... Non mi pare esattamente gente che si "arrampichi sugli specchi". E molti di questi hanno pubblicato stidi specifici su questo passo, non sono solo note.


E allora non vedo neanche io il problema



Il problema è che si deve partire dal testo, ripeto: se Paolo ai cristiani giudei, Roma era prevalentemente una chisa giudaica, voleva spiegare un concetto tanto delicato è assai improbabile che lo avesse fatto in un contesto in cui il testo è ambiguo, e soprattutto dove la lettura alternativa è quella più ovvia per un giudeo, ovvero che il "Dio benedetto per sempre" è il Padre.

Ora, se davvero Paolo voleva per la prima volta chiamare Gesù "D-dio" lo avrebbe fatto, secondo te, in questo contesto così impreciso? Io non ci credo.

Shalom


(Mario70)
00lunedì 31 agosto 2009 18:41
Re:


Solo la virgola dopo sarka consente di riferire a Cristo le parole seguenti, tanto il punto fermo che i due punti rendono invece il periodo seguente una frase indipendente. Ai fini della comprensione cambia poco.



Cambia tutto invece, se fosse stata una pausa lunga (tipo come fa il codice regio e un paio di altri su 5000!!!) il problema non ci sarebbe, ed invece i manoscritti da te citati hanno la pausa breve, e altri importantissimi manoscritti come il sinaitico ad esempio, non hanno proprio nessuna pausa.




Meyer, Denney, Lietzmann, Barth, Dodd, Kirk, Taylor, Kuss, Kasemann, Dunn, Zeller, Sthulmacher, Schmithals, Wilckens, Abbot, Burkitt, Bultmann, Funk, Barclay, Schweizer, Kummel, Schneider (DENT), Goppelt, ecc... Non mi pare esattamente gente che si "arrampichi sugli specchi". E molti di questi hanno pubblicato stidi specifici su questo passo, non sono solo note.



Mi ci giocherei i miei attributi che tranne un paio di questi tipo Abbott (unitariano dell '800), la maggioranza degli altri ammette semplicemente la possibilità che si possa tradurre come fa la TNM, cosa che sono stato io il primo a chiarire all'inizio, possibilità non è certezza, ed il fatto che la maggioranza pensa il contrario dovrebbe far riflettere.
Comunque credo che stiamo annoiando gli altri, se non hai altre obiezioni pregherei jepi di continuare...
ciao



barnabino
00lunedì 31 agosto 2009 19:21
Caro Mario,


Cambia tutto invece, se fosse stata una pausa lunga (tipo come fa il codice regio e un paio di altri su 5000!!!) il problema non ci sarebbe, ed invece i manoscritti da te citati hanno la pausa breve


Mi dispiace contradditi ma pausa brevo o lunga, intesa come "due punti" o "punto fermo", non cambia proprio nulla ai fini della comprensione del testo. Metzger, che come vedi protende per la virgola, dice testualmente:

"Mettendo un punto (sia due punti che un punto fermo) dopo sarka si prendono le parole successive come una frase indipendente da ho Christos" e cioè un riferimento a Dio Padre.


e altri importantissimi manoscritti come il sinaitico ad esempio, non hanno proprio nessuna pausa



Come ti ho detto la testimonianza paleografica e quella dei padri è molto relatia, poichè testimonierebbe solo di come un passo ambiguo era interpretato in una certa epoca, non abbiamo alcuna certezza che quello fosse quello che voleva dire Paolo. Questo solo per dimostrare che non ha senso far leva sui "padri" (che in questo caso vanno analizzati, perché non sono poi tanto concordi come sembra) per decidere la punteggoatura di un passo scritto secoli prima.


Mi ci giocherei i miei attributi che tranne un paio di questi tipo Abbott (dell '800), la maggioranza degli altri ammette semplicemente la possibilità che si possa tradurre come fa la TNM



Tanto per cominciare anche coloro che come Brown preferiscono la virgola dopo sarka ammettono che è solo una "possibilità", per cui mi pare che nessuno parli mai di certezze.

Detto questo, comincia a parlare in falsetto perché studiosi come Dunn nel suo commento ai Romani sono decisamente contro l'identificazione di Gesù con Dio in questo passo, lo stesso Kuss in base all'uso di eulogetis nella LXX, decisamente contro è H.A.W. Meyer e Schmithals. Framcamente altri non li conosco per filo e per segno ma sono citati da Harris che notoriamente difende l'uso di theos per Gesù in questo passo.


possibilità non è certezza, ed il fatto che la maggioranza pensa il contrario dovrebbe far riflettere.



Il problema è che non esiste nessuna maggioranza che pensa il contrario! Anche i traduttori che nel testo accettano che theos è riferito a Gesù ammettono in nota che il passo è assolutamente ambiguo, e riportano la versione alternativa.

Ora, ripeto: ritieni che sia logico che Paolo per sviluppare un tema tanto delicato e dove era necessario procedere con i piedi di piombo, anche nell'uso delle parole, lo esprima con un passo che si rivela ambiguo, poco chiaro?

E non solo è ambiguo, ma l'ambiguità riguarda una lettura che per un giudeo sarebbe stata assolutamente ovvia, cioè attribuire quella dossologia non con Gesù ma a Geova?

Shalom





(Mario70)
00lunedì 31 agosto 2009 19:53
Re:

Mi dispiace contradditi ma pausa brevo o lunga, intesa come "due punti" o "punto fermo", non cambia proprio nulla ai fini della comprensione del testo. Metzger, che come vedi protende per la virgola, dice testualmente:

"Mettendo un punto (sia due punti che un punto fermo) dopo sarka si prendono le parole successive come una frase indipendente da ho Christos" e cioè un riferimento a Dio Padre.



Ma perchè Metzger prende in considerazione anche quei quattro codici secondari che appoggiano la tesi della pausa lunga, oltre al fatto che quando il NT venne scritto non esisteva la punteggiatura.
Io ho molta stima di Metzger ed ho il suo libro sui manoscritti del NT, il fatto che nel GNT (di cui è uno degli autori) abbia scelto di inserire la virgola significherà qualcosa non credi?





Come ti ho detto la testimonianza paleografica e quella dei padri è molto relatia, poichè testimonierebbe solo di come un passo ambiguo era interpretato in una certa epoca, non abbiamo alcuna certezza che quello fosse quello che voleva dire Paolo. Questo solo per dimostrare che non ha senso far leva sui "padri" (che in questo caso vanno analizzati, perché non sono poi tanto concordi come sembra) per decidere la punteggoatura di un passo scritto secoli prima.


Mi ci giocherei i miei attributi che tranne un paio di questi tipo Abbott (dell '800), la maggioranza degli altri ammette semplicemente la possibilità che si possa tradurre come fa la TNM



Tanto per cominciare anche coloro che come Brown preferiscono la virgola dopo sarka ammettono che è solo una "possibilità", per cui mi pare che nessuno parli mai di certezze.

Detto questo, comincia a parlare in falsetto perché studiosi come Dunn nel suo commento ai Romani sono decisamente contro l'identificazione di Gesù con Dio in questo passo, lo stesso Kuss in base all'uso di eulogetis nella LXX, decisamente contro è H.A.W. Meyer e Schmithals. Framcamente altri non li conosco per filo e per segno ma sono citati da Harris che notoriamente difende l'uso di theos per Gesù in questo passo.


possibilità non è certezza, ed il fatto che la maggioranza pensa il contrario dovrebbe far riflettere.



Il problema è che non esiste nessuna maggioranza che pensa il contrario! Anche i traduttori che nel testo accettano che theos è riferito a Gesù ammettono in nota che il passo è assolutamente ambiguo, e riportano la versione alternativa.

Ora, ripeto: ritieni che sia logico che Paolo per sviluppare un tema tanto delicato e dove era necessario procedere con i piedi di piombo, anche nell'uso delle parole, lo esprima con un passo che si rivela ambiguo, poco chiaro?

E non solo è ambiguo, ma l'ambiguità riguarda una lettura che per un giudeo sarebbe stata assolutamente ovvia, cioè attribuire quella dossologia non con Gesù ma a Geova?

Shalom





Quando si esamina scientificamente un testo del genere e si danno le varie possibilità, alla fine si sceglie quella più probabile e questa va nel testo della traduzione, dal momento che direi il 99% delle traduzioni e tutti i testi critici del nuovo testamento più importanti, inseriscno la punteggiatura in modo da attribuire a Cristo l'intero verso, cosa vuoi che significhi?
Che sono tutti influenzati dalla credenza trinitaria?
Hai poca fiducia allora nel rigore scientifico di quste persone, anche perchè loro non credono alla trinità in base al sola scriptura, essendo la trinità stata sviluppata nel corso dei primi secoli, quindi se fossero stati realmente convinti che in romani la dossologia fosse appartenuta al padre, non credi che avrebbero agito di conseguenza?
Guarda cosa è successo con 1 tm 3:13 e col comma giovanneo di 1 giovanni, quante traduzioni recenti continuano a seguire le vecchie traduzioni errate?
Io ne conosco pochissime... come hanno cambiato in quei casi avrebbero potuto farlo in questo a testimonianza che davanti all'evidenza scientifica le proprie convinzioni dottrinali cedono il posto alla verità oggettiva.

Comunque mi sto annoiando e vorrei andare avanti.
ciao

P.S. giusto per la cronaca, gli autori che attribuiscono il titolo a Cristo sono:

Calvino (1540), Haldane (1958), Stuart (1862), Dwight (1881), Hodge (1886), Liddon (1893), Shedd (1879), Gifford (1886), Moule (1887)Westcott e hort, Sanday and Headlam (1902), Denney (1904), Zahn (1910), Sickenberger (1923), Dodd? (1932), Lenski (1936), Nygren (1944), Lagrange (1950), Huby (1957), Leenhardt (1957), Schlatter (1959), Schmidt (1963), Fahy (1965), Murray (1965), Michel (1966), Best (1967), Schlier (1977), Althaus (1978), Cranfield (1979), Metzger (1980), De Villiers (1981), Bruce (1985), Morris (1988), Harris (1992), Fitzmyer (1993), Stott (1994), Mounce (1995), Moo (1996), Schreiner (1998)

Da questi si evince che non vi è equità di pareri, ma la maggioranza alla fine sceglie per l'attribuzione della deità a Cristo.
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