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Testimoni di Geova: Risposte a Domande
 
 
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Gabriele Traggiai non è un imbecille

Ultimo Aggiornamento: 06/12/2011 16:20
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06/12/2011 14:50

ma un istigatore da sanzionare

Assolutamente, non è un imbecille. Ecco quello che scrive:

"No Mario, non sono arrabbiato con il geovismo, sono solo estremamente razionale. Per me non esiste solo il bianco o il nero, ma l'analisi di questo culto mi porta inevitabilmente, e non potrebbe essere altrimenti, ad affermare con certezza che i testimoni di Geova sono pericolosi per la società e che gli effetti che producono sono devastanti. Ogni testimone di Geova che, come dici tu, vive beato e felice nell'aspettativa di un paradiso terrestre è una bomba ad orologeria pronta ad esplodere."


Il codice penale, Art. 403-405, punisce l’offesa contro una confessione religiosa tramite vilipendio della persona che la professa o di un ministro di culto.

Non è un imbecille è un razzista che istiga alla violenza ed andrebbe arrestato.
[SM=x1061966] No all'ipocrisia e alla diffamazione. Tolleranza zero.
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    06/12/2011 16:20


    Questo tizio è un professionista dell’informazione e/o della scienza comportamentale? Se si, potrebbe fare delle dichiarazioni in risposta a degli articoli di nostre pubblicazioni e commentarli. Dall’analisi obiettiva e non degradante avrebbe potuto esprimere il suo punto di vista senza offesa alcuna. A livello scientifico o anche divulgativo, su temi religiosi, né la critica e la confutazione, pur se vivacemente polemica, né l'espressione di radicale dissenso da ogni concezione richiamantesi a valori religiosi trascendenti può essere sanzionata.
    Però, come hai ben citato, l’articolo 403 punisce chiunque "offende [...], mediante vilipendio". Naturalmente occorre prima di tutto precisare cosa si intende per "vilipendio" e "offesa mediante vilipendio" .
    Il vilipendio costituisce la modalità della condotta, e l'offesa il risultato di essa. Ciò consente di configurarlo quale reato d'evento a forma vincolata. Vilipendere significa mostrare, gettare o manifestare sprezzo o dileggio con parole, scritti, disegni, atti, etc.. Il vilipendio consiste, quindi, "nel ricusare qualsiasi valore etico, sociale o politico all'entità contro cui la manifestazione è diretta, in modo idoneo a indurre i destinatari della manifestazione al disprezzo". In questo caso è ravvisabile il reato: incitamento alla violenza.
    L’azione di vilipendio deve essere commessa "pubblicamente", vale a dire in presenza delle condizioni previste dall'art. 266 ult. co., tra cui figura l'uso della stampa o di altro mezzo di propaganda, sicché si è ritenuto sussistere tale requisito anche nell’ipotesi di commissione del reato mediante Internet (G.i.p. Latina 7.6.2001, DE 2002, II, p. 99; Cass. 10.3.2009, Donvito, CED 243084, QDPE 2009, p. 1049).
    A parere mio, le farneticazioni mediante Internet di questo Traggiai, costituiscono vilipendio, contumelia, scherno, offesa fine a se stessa. Quando il vilipendio risulta volgare, grossolano o turpe, il fatto non sarà mai scriminabile in base al combinato disposto degli artt. 51 c.p. e 21 Cost., a causa del superamento del limite del buon costume (v. art. 21 ult. co. Cost.).
    Il reato in parola è consumato nel momento e nel luogo in cui si produce l'offesa alla confessione religiosa. Il Traggiai fa proprio questo.
    Trattandosi di reato d'evento, deve ritenersi configurabile anche il tentativo. A tal proposito per la necessaria determinatezza, è necessario distinguere:
    a) l’offesa rivolta ad una confessione religiosa quale ente collettivo;
    b) l’offesa rivolta alla collettività indistinta dei fedeli di tale confessione religiosa.
    Nel caso a) l’offesa è punibile, in quanto colpisce un ente esponenziale di interessi religiosi, ben determinato e titolare in proprio di posizioni giuridiche; nel caso b), invece, l’offesa è punibile solo alla duplice condizione di poterla circoscrivere nell’ambito di un gruppo di persone, ancorché ampio, quantitativamente delimitabile, e di poter verificare la sua diretta incidenza sui singoli componenti dello stesso.
    Questa accezione è evidente nella pubblicazione "Sentimento religioso" e bene giuridico: tra giurisprudenza costituzionale e novella legislativa p. 17 - Giuffrè, 2006 della dott.ssa Natascia MARCHEI, ricercatore di Diritto ecclesiastico.

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