Riporto in parte alcune parti del capitolo a cui ho fatto precedentemente riferimento, dal volume "Il sentimento religioso dei siciliani".
"Il Carnevale è una delle festività più sentite in tutto il mondo, e in particolar modo in Sicilia. Esso è legato profondamente alle ritualità della Chiesa cattolica e della cristianità, anche se le sue origini risalgono all’epoca pagana. Il Carnevale si celebra, in un calendario liturgico complesso, prima delle cinque settimane della Quaresima. La Quaresima, secondo il rito romano dura quarantaquattro giorni, mentre secondo il rito ambrosiano, ne dura quaranta. C’è da dire che il rito romano inizia il mercoledì delle ceneri, mentre quello di rito ambrosiano inizia alla fine del Carnevale, il martedì grasso. La tradizione di buona parte della cristianità voleva infatti che in questa giornata venissero consumati tutti i cibi più prelibati rimasti in casa, che durante la quaresima non potevano essere mangiati: carne, pesce, uova e latticini. E proprio per il fatto che si consumavano cibi grassi divenne "martedì grasso". Naturalmente esistono delle varianti come in USA che il martedì grasso diventa la giornata del
pancake cioè il giorno della frittella.
Altra curiosità, il Carnevale non termina ovunque il martedì grasso, in molte città ha un'appendice a causa delle manifestazioni ad esso legate come i carri allegorici e spesso "trionfa" con la “morte” di re carnevale a cui viene dato fuoco.
C’è da dire che i caratteri della celebrazione del Carnevale hanno origini in festività ben più antiche, come per esempio le dionisiache greche (le antesterie) o i saturnali romani. Durante le feste dionisiache e i saturnali si realizzava un temporaneo scioglimento dagli obblighi sociali e dalle gerarchie per lasciar posto al rovesciamento dell'ordine, allo scherzo e anche alla dissolutezza. Da un punto di vista storico e religioso il carnevale rappresentò, dunque, un periodo di festa ma soprattutto di rinnovamento simbolico, durante il quale il caos sostituiva l'ordine costituito, che però una volta esaurito il periodo festivo, riemergeva nuovo o rinnovato e garantito per un ciclo valido fino all'inizio del carnevale seguente.
In Sicilia il Carnevale nasce in età tarda. Si sa di un carnevale datato 1848 che si celebrava a Termini Imerese in prov. di Palermo. I promotori di questa “carnevalata” furono alcune famiglie napoletane che si erano rifugiate nell’Isola. La data è certificata da una ricevuta attestante l’esistenza già nel 1876 di una “Società del Carnovale” termitano. Prima dell’avvento della cristianità, continuarono a permanere alcuni cruenti riti attribuiti agli adepti dei misteri di Dioniso. In Grecia, nei pressi di Salonicco, ancora oggi, nella ricorrenza dei santi, Costantino ed Elena, si svolge un rito, proibito dalla chiesa Ortodossa, che trae origine dai riti di iniziazione dionisiaci: alcune persone in delirio eseguono delle danze sui carboni ardenti, agitando croci e libri di preghiere.
Nell’Isola, fino a qualche anno fa, in alcune feste religiose potevano scorgersi residui delle forme baccanali. Famosa era
la calata d'imbriachi dove i reduci della festa di sant'Alfio di Trecastagni, dopo aver mangiato, per devozione al santo, carne di pecora al forno accompagnata da abbondante vino, davano spettacolo durante il viaggio di ritorno nei vari comuni dell'Etna da dove erano partiti. L’antropologo e letterato siciliano, Giuseppe Pitrè, a proposito della calata degli ubriachi raccontava: “Vedete quanti ce n'entra in un carro tirato da un povero asinello o da un mulo bolso! Vedete come suonano, cantano, gridano, picchiando cembali, urtando piattini di latta, straziando violini e chitarre, soffiando contro fischietti e orciucoli! Gli uomini si sdilinquiscono dal vino e dal sonno; le loro donne più di loro: e tutti con certi visi di spiritati, cascanti e moventisi solo per annaspare in aria o per strascicar parole senza costrutto e senza significato”.
Questi stessi riti si ripetono in tutta la Sicilia.