00 02/06/2009 11:41
admintdg1

Essendo donna non so molto di questo, ma credo sia stato per cambiamenti di leggi del ministero della difesa italiano.


Stefania scrive:

In merito al servizio di leva, in quegli anni, secondo il governo italiano lo status militare era un obbligo che contrastava con i principi biblici di ogni cristiano.
Quindi non era una "pensata del corpo direttivo".
Negli anni a venire, la legge cambiò e il governo permise il servizio civile. In tal caso, i singoli fratelli dovevano prendere una decisione personale seguendo la propria coscienza addestrata secondo la Bibbia.


Non sono pentito di aver fatto il carcere. Quella esperienza l’ho apprezzata tanto. In quel periodo (366 giorni) studiavo la bibbia e le pubblicazioni della wts come non mai in vita mia. Mentre buona parte dei fratelli giocava nel cortile io studiavo. Volevo far carriera nell’organizzazione, quel tempo libero dovevo sfruttarlo al massimo. Anche se in certi momenti desideravo ardentemente essere libero. Se oggi sono quello che sono è grazie anche a questa esperienza. La conservo positivamente nel mio cuore.
Carissimi Stefania admintdg1 anche se per me è stata un’esperienza positiva (ma né avrei fatto benissimo a meno) non toglie il fatto che tanti altri l’hanno vissuta negativamente. In 366 giorni ho conosciuto un sacco di fratelli e figli di fratelli di tutta Italia. A 20 anni quando non sei ancora battezzato (io lo ero già da circa 4 anni) e ti trovi a fare il carcere qualcosa non funziona. Tanti erano lì per fa piacere ai genitori e ai fratelli della congregazione. Infatti, dal primo giorno all’ultimo molti rimpiangevano quella dura scelta.
Ogni detenuto, dopo almeno 4 mesi, poteva fare la domanda: “Affidamento in prova”. I fratelli uscivano di carcere scontando la pena rimasta, facendo lavori sostitutivi.

Ora vengo e mi spiego:

Questa domanda “Affidamento in prova” esisteva già da alcuni anni quando io facevo il carcere. La betel di Roma direttamente si era espressa negativamente dicendo: “É un fattore di coscienza se farla o no, questa domanda”. Ma nelle pubblicazioni era lampante che non condividesse questo pensiero.
Infatti, con i miei occhi ho visto quanto disprezzo manifestavano i fratelli “forti spiritualmente” per coloro che uscivano dal carcere per fare lavori sostitutivi.
La mitica frase: ” Davanti alla prova si vede un uomo quanto ami Geova”.

Ora con questo quadro in mente capirete che non era riferito in prima persona a me. Ma per coloro che volevano farlo ma sono stati trattenuti dal giudizio altrui.

Ritorno alla prima citazione:
6 mesi dopo la mia liberazione, buona parte dei fratelli ignorava il consiglio della società. La società quando vide che non poteva più tenere sotto controllo questa situazione, cambiò atteggiamento per coloro che facevano la richiesta di “Affidamento in prova”. E quando la società cambia parere non chiede scusa a quei disgraziati che hanno ascoltato il consiglio precedente, facendosi anni di carcere. Dico anni e non 1 anno, perché nella mia congregazione 2 fratelli (negli anni 70) per ben 5 anni non hanno fatto altro che uscire e rientrare dal carcere.

Oggi siamo nel 2009. Abbiamo tutta un’altra veduta della vita teocratica. Ma quei tempi sono stati tempi difficili per i giovani. Quando uno si trovava davanti a un BIVIO il più delle volte si sceglieva quello che gli altri si aspettavano da te.
Oggi un atteggiamento del genere viene deriso. E il fratello si sente più libero di fare della sua vita quello che vuole.
Quando valutate le cose tenete presente che la società in passato aveva molto più influenza nella vita dei fratelli.
Quello che oggi è una regola, fare della tua vita quel che vuoi, in passato era quasi l’eccezione.

Brian