Il 1° gennaio del 1986 il quindicinale di attualità e documenti, "Il Regno" edito dalle edizioni dehoniane di Padova (il nome viene dal fondatore della congregazione dei Sacerdoti del Sacro Cuore di Gesù, detti comunemente Dehoniani), pubblicò una relazione dell'ormai defunto mons. G. Marinelli, presentata ad un convegno sul geovismo dal titolo: "I testimoni di Geova in Italia: realtà, significato, interrogativi.
Il Marinelli (fu denunciato davanti alla Sacra Rota, con l'accusa di diffamazione) si distingueva per la forte intolleranza manifestata contro le minoranze religiose in genere, con una forte predilezione per i testimoni di Geova, additandole sempre con connotazioni negative
Dieci pagine di disinformazione sulla nostra Confessione: "i testimoni di Geova e la politica"; "il disimpegno sociale"; "odio verso chi non è testimone di Geova"; "i testimoni di Geova e la Costituzione"; "i testimoni di Geova e la scuola"; e via discorrendo. Tutti punti estremizzati e alterati da questo paladino dell'informazione errata e parziale. Certo è strana l'accusa di "odio verso chi non è testimone di Geova" e poi vedere questi ultimi bussare alle porte di chi non è testimone di Geova per portare il messaggio evangelico di salvezza.
Emuli del Marinelli ne abbiamo incontrati tantissimi: uomini politici, laici e religiosi, giornalisti, uomini di spettacolo, psicologi, faccendieri, e come direbbe Filippo, "varia umanità in buona parte proveniente da un ipotetico circo Barnum".
Sulla pagina FaceBook di Luigi Pelazza, inviato de "Le Iene" un programma alla ricerca di sensazionalismi in salsa provocatoria, si discute dell'argomento "testimoni di Geova".
Uno dei tanti "Feuilleton" mediatici graditi perlopiù alle ultime generazioni di giovani tatuati. Lo schema fisso di questi programmi è quello di creare scandali e falsi scoop. Quasi sempre presentano da una parte le vittime, "innocenti e indifese" e dall'altra i dominatori, appartenenti alla categoria dei cattivi. L'inviato, il Pelazza di turno interpreta la parte del giustiziere usando metodi propri al limite della decenza e non si cura della società del diritto e dell'etica. Questo giustiziere non va certo in tribunale, assolutamente, ma non esita a fare spettacoli deprimenti per un mesto miserere.
La migliore risposta è l'indifferenza.